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La Foresta Fossile di Dunarobba (FFD) è situata nel territorio del comune di Avigliano Umbro (TR) nei pressi di Loc. Dunarobba. Il sito è uno delle località paleontologiche più importanti non sono dell’Umbria e dell’Italia, ma a livello mondiale. Il sito è stato segnalato grazie ad alcuni paleontofili dell’Associazione G.U.M.P. che segnalarono al Prof. Ambrosetti nel 1983, ordinario di paleontologia all’Università degli Studi di Perugia, la presenza di tronchi fossili in alcune argille in una cava di argille per laterizi.
Il giacimento fossilifero di Dunarobba, in realtà, ha una lunga storia di scoperte e riscoperte.
La prima segnalazione è quella di Federico Cesi, risalente al ‘600. Nel 1637 Francesco Stelluti continua gli studi di Cesi, pubblicando “Trattato sul legno fossile minerale nuovamente scoperto”, nel quale descrive il materiale ligneo, definendolo “Metallofite”.
In seguito se ne occuparono anche altri uomini di scienza, attratti dall’unicità della scoperta.
Soltanto tra il 1979 e il 1987 i tronchi furono scoperti in una cava dagli operai, che non li
asportarono, grazie alla sensibilità dei proprietari. Fu così che il G.U.M.P. notò e segnalò il
sito alle autorità competenti.
Genesi della Foresta Fossile
Secondo gli studi più recenti, la FFD risale al Pliocene medio- superiore (Abbazzi et al. 1997,Leone et al. 2000, Basilici et al., 2007).
In questo periodo le spinte orizzontali, che avevano generato la catena appenninica, erano
oramai terminate (Barchi 1994, Basilici 1995). Contemporaneamente la crosta continentale aveva iniziato a lacerarsi (apertura del Tirreno) già dal Miocene superiore (Basilici 1998).
Il fenomeno distensivo raggiunse l’Umbria proprio nel Pliocene. Si formarono, così, diverse
depressioni, che divennero zone di accumulo per sedimenti. La più grande era il bacino tiberino, che attraversava tutta l’Umbria da nord a sud con forma di Y rovesciata. La Foresta Fossile si collocava nel ramo sud occidentale di questo bacino (conca di Acquasparta), la quale, nel Pliocene medio superiore, era occupata da un grande lago (Ambrosetti et al.1995), allungato NNO-SSE.
Basilici (1992) individua 4 unità litostratigrafiche nell’area di Todi-Acquasparta:
Unità di Fosso Bianco : nella quale rientra la FFD
Unità di Ponte Naia
Unità di Santa Maria di Ciciliano
Unità di Acquasparta.
Il paleoambiente della Foresta Fossile
Attorno a Dunarobba si osservano rocce formatesi in due tipologie di costa lacustre:
a) una soggetta a moto ondoso
b) un’altra paludosa
I sedimenti dell’area della Foresta Fossile si sono formati in una costa paludosa. Le rocce
affioranti sono l’espressione di 5 diverse litofacies, individuate ed interpretate da Basilici
(1995):
1) argille marnose con resti di vegetali, gasteropodi, lamellibranchi, ostracodi
e decapodi dulcicoli, spesso anche noduli di siderite. I resti vegetali sono
soprattutto foglie di Glyptostrobus e di Osmunda (Basilici, 2000). Litofacies interpretato come deposito di stagno costiero.
2) limi argillosi grigio bluastri laminati. Le lamine sono sottili, ondulate e possono formare
increspature asimmetriche. Sono rari i resti fossili. L’interpretazione di questi depositi è ancora in discussione.
3) argille limose massive grigio-bluastre. I tronchi sono prevalentemente radicati in questa
roccia. La fauna è costituita per lo più da gasteropodi di ambiente palustre. Tale facies è stata interpretata come un paleosuolo.
4) depositi di origine vegetale (ligniti). I resti sono quasi tutti di natura legnosa e non hanno tracce di trasporto. La loro interpretazione è di depositi organici di palude costiera.
5) depositi sabbiosi, sporadici, di spessore tra 5 e 90 cm con laminazioni incrociate. La loro
interpretazione non è ancora ben chiara.
La Foresta Fossile
Nel record geologico è facile rinvenire resti di alberi, ma non è frequente trovarne alberi in
posizione vitale, in numero, grandezza e buono stato di conservazione come a Dunarobba.
Infatti i tronchi hanno subito un particolare processo di fossilizzazione chiamato mummificazione, il quale non ha alterato la natura stessa del legno.
Nonostante i molteplici studi effettuati, ancora oggi non è chiara l’appartenenza specifica dei tronchi.
Le indagini paleocarpologiche (Martinetto 2000) hanno individuato semi, coni e fronde
di una sola specie di Taxodiacea, il Glyptostrobus europeus.
Le analisi xilotomiche dei tronchi, supportate da quelle chemiotassonomiche (Biondi &
Brugiapaglia, 1998 , 2000), hanno dimostrato che le maggiori analogie sono riscontrabili con la specie fossile Taxodioxylon gypsaceum.
Lo studio morfometrico dei granuli pollinici non permette di attribuirli con certezza
sistematica ai generi Taxodium, Glyptostrobus e Sequioia. In Base ai rinvenimenti di resti paleocarpologici sembra plausibile attribuire i tronchi alla specie Glyptostrobus europeus. Studi più recenti (Baldanza et al 2009) trattano anche una mineralizzazione di alcuni dei tronchi.
La foresta Fossile come geosito
La regione Umbria è caratterizzata da situazioni geologico-geomorfologiche molto diverse fra loro. Gregori (2005) inserisce la Foresta Fossile di Dunarobba in una rassegna di siti, che per le loro caratteristiche, rientrano nel modello di “geomorfosito”. Si tratta infatti di un giacimento fossilifero di grande interesse, rarità ed importanza non solo per l’Umbria, ma a livello mondiale, dato che oltre ai tronchi ha conservato molluschi, insetti e vertebrati, ovvero un perfetto ecosistema del passato.
Infine, si deve considerare che, la Foresta Fossile è un sito geo-paleontologico all’aperto
e perciò, trovare soluzioni per la gestione non è semplice, dato che si tratta di realizzare un
vero e proprio museo in sito. Tuttavia, come sottolineato da Berti (2000), i tronchi sono in
costante degrado. E’ quindi necessario intervenire in tempi brevi per fermare questo fenomeno e valorizzare questo importante sito.
Segnalare singolarità geologiche come questa, è quindi di grande importanza per coordinarne la tutela ed una corretta fruizione.
Bibliografia
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