Archivi categoria: Geologia

Appenninica 2019

APPENNINICA 2019
CONVEGNO DI GEO-PALEONTOLOGIA DELL’ITALIA CENTRALE
COSTACCIARO (PG)
SALA – SAN MARCO
SABATO, 27 APRILE 2018
Convegno per trattare di Geologia, Paleontologia, Mineralogia, Speleologia e argomenti attinenti dell’Appennino umbro-marchigiano in questo comune dalle notevoli attitudini geologiche e naturalistiche

PROGRAMMA
ORE 10.00 Enrico Tavarnelli – Università di Siena – “Il ruolo della tettonica nell’evoluzione dell’Appennino”
ORE 10.30 Paolo Monaco – Università degli studi di Perugia – “Icnologia dell’Appennino Umbro Marchigiano”
ORE 11,15 Edoardo Martinetto – Università di Torino – “I fossili di Dunarobba e la flora
scomparsa dell’Italia Centrale”
ORE 11.45 Angela Baldanza – Università degli studi di Perugia- “Eccellenze geo- paleontologiche del Quaternario in Umbria: Il caso dell’Ambra Grigia Fossile – Storie di mare e non solo”
ORE 12.15 Romano Guerra “Giambattista Passeri e i fossili nell’Appennino umbro- marchigiano”
ORE 14,30 Rodolfo Coccioni e Andrea Mazzoli – Università di Urbino – L’aspirante Geoparco UNESCO “Appennino nord-marchigiano”
ORE 15:00 Federico Famiani – “Valorizzazione e Promozione della Geologia e Paleontologia nel Parco Regionale del Monte Subasio”
ORE 16.00 Adria Faraone – “Pietrafitta (PG): solo un barrito di elefanti?”
ORE 16.30 Romano Guerra presentazione di “La Grotta di Monte Cucco antologia”
A seguire Paolo Faraoni e Regis Macieri – “Guida ai Fossili della valle de Fiume Bosso, del Monte Nerone e Catria”
Ore 17:30 Marco Bani – “Monte Nerone: regno di grotte e orsi”

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Numero 5

Carissimi lettori

Il comitato di Redazione della Rivista Fossils & Minerals vi augura Buone Feste e con l’occasione pubblica il Numero 5 ONLINE.

Il numero è stato distribuito da Novembre in formato cartaceo e ne sono rimaste pochissime copie! Vi auguriamo Buona Lettura!!!!

Arrivederci nel 2019 con il Numero 6 ricchissimo di sorprese

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Cupaelite

Forse non tutti sanno che anche nella conca reatina è presente un affioramento di rocce vulcaniche. Ci troviamo nei pressi di Cupaello (RI) dove il prof. Stoppa, ordinario dell’ateneo di Chieti, ha studiato e descritto una roccia vulcanica nota anche con il nome di Cupaelite.

ll centro vulcanico di Cupaello consiste di una singola colata lavica lunga 750 m ricoperta da materiale piroclastico costituito da cenere saldata, lapilli e materiale scoriaceo (Stoppa e Cundari 1995). L’attività vulcanica, in base alle datazioni 40Ar/39Ar effettuata su meliliti e kalsiliti risale a  circa 639.000 anni.

La provincia intra appenninica comprende un numero di piccoli centri ultrapotassici monogenici diffusi nella zona interna della catena appenninica.

I due centri principali, sui quali si sono concentrati gli studi più importanti del prof. Stoppa, sono San Venanzo e Cupaello. Nonostante le piccole dimensioni e la loro scarsa abbondanza, a questa provincia sono stati attribuiti numerosi nomi: ULUD (Ultra Alkaline Umbriam District), IUP (Intramontane Ultra Alkaline Province), UUP (Ultra alkaline Umbrian Province).

Sulla base della classificazione di Foley et al. (1987), le rocce dei centri vulcanici di San Venanzo e Cupaello appartengono alle kamafuguti.

Le kamafugiti, sono rocce fortemente sottosature in silice, variano tra foiditi, olivin-meliliti e meliliti.

A differenza delle altre rocce sottosature in silice, nelle kamafugiti, kasilite e melilite dominano sulla leucite (Serri et al., 1993, Conticelli et al., 2004). Rispetto alle altre rocce ultrapotassiche italiane, le kamafugiti umbre hanno il contenuto in CaO (14.68 – 15.21 wt.%) più alto, insieme con un basso contenuto in Al2O3 (7.92-12.28 wt.%), queste caratteristiche sono necessarie per stabilizzare la melilite (Conticelli & Peccerillo, 1992).

Queste rocce sono state classificate come melilititi a kalsilite e pirosseno, ma il termine “cupaelite” è generalmente accettato come nome per queste particolari rocce. 

Bibliografia.

Le informazioni contenute in questa pagina sono tratte da: – F. Stoppa, A. Cundari “A new Italian carbonatite occurrence at Cupaello (Rieti)and its genetic significance”. Contrib Mineral Petrol (1995) 122: 275–288

A. T. Isakova, L. I. Panina and F. Stoppa, (2017) Genesis of Kalsilite Melilitite at Cupaello, Central Italy: Evidence from Melt Inclusions  Petrology, 2017, Vol. 25, No. 4, pp. 433–447

Primo ritrovamento riferibile allo squalo durofago del Toarciano dell’Umbria-Marche

Importante scoperta nel rosso ammonitico di Polino (Tr).
La ricerca, svolta da Marco Romano, Paolo Citton, Angelo Cipriani  & Simone Fabbi   presenta il primo ritrovamento riferibile allo squalo durofago nella Formazione Rosso Ammonitico del Toarciano (Giurassico inferiore). Sono stati recuperati Due denti  isolati che erano conservati all’interno della marna calcarea del Rosso ammonitico Toarciano (zona dei bifrons). Il dente meglio conservato è caratterizzato da una struttura generale che ben si accorda con la classica dentatura schiacciata tipica degli squali durofagi della sottofamiglia Acrodontinae. I caratteri morfologici analizzati nel lavoro consentono  di attribuire il materiale rinvenuto al genere  Asteracanthus sp.
Maggiori dettagli nel lavoro appena uscito sull’Italian Journal of Geosciences:
Romano M., Citton P., Cipriani A. & Fabbi S. (2018)- First report of hybodont shark from the Toarcian Rosso Ammonitico Formation of Umbria-Marche Apennine (Polino area, Terni, Central Italy). Italian Journal of Geosciences, doi: 10.3301/IJG.2018.01

Numero 4

Indice Numero 4

Nuovi dati biostratigrafici sul Domeriano nella cava di Sant’Anna e nella cava Grilli (Passo del Furlo- Appennino marchigiano)       di Regis Macieri

Conchiologia Fossile Emiliana Un Excursus Storico di Romano Guerra

Le sequenze sismiche Tosco-Emiliane del periodo 2012-2013 e considerazioni sulla tettonica attiva di  Paolo Balocchi – Tommaso Santagata – Marta Lazzaroni

Il Lazio Classico: le cave di Leucitite della provincia di Roma (Vallerano, Laghetto e OSA) di Rossano Carlini & Edgardo Signoretti

Intervista a DAVID COMFORT di Di Silvestro Gianpaolo

 

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Numero 3 Fossils & Minerals Review

Lapides et Index                                                                                                    Romano Guerra & Carlo Sarti

Ammoniti del genere Catriceras, temi attuali e prospettive   Venturi Federico

Gli Orsi Fossili della Caverna di Monte Cucco (Costacciaro – Perugia)
Romano Guerra

I Minerali di San Venanzo (Tr)
Fringuelli Lucio, Famiani Federico, Bortolozzi Giorgio

Novità dal Carbonifero delle Ardenne
Didier Lelubre

FM3WEBITA

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Polino e la Kamafugite

La Regione Umbria è caratterizzata dalla presenza di piccoli centri magmatici di modeste dimensioni fra i quali il più grande è il complesso di San Venanzo (Tr). Anche se gli altri sono di più piccole dimensioni sono molto interessanti dal punto di vista composizionale e per la loro particolare origine e rarità. Molto interessante è l’affioramento di Kamafugite di Polino.

In prossimità di Località Cava dell’oro, circa 1 km a NNE di Polino, si trova questa rara roccia, dove addirittura durante il papato di Clemente XIII (1758-1769) è stata interessata anche da attività estrattiva. Testimonianze di questa attività sono alcune medaglie e monete foggiate dallo stato pontificio con i minerali estratti dalla “Cava dell’oro”come la medaglia commemorativa di Papa Clemente XIII coniata nel 1762.

La Kamafugite di Polino è costituita da d ue piccoli diatremi (Condotto vulcanico prodotto da una violenta esplosione freatica a; il materiale frammentato e polverizzato scagliato dall’esplosione ricadendo forma un bastione di brecce e di depositi tufacei

tutt’attorno alla cavità che spesso viene ostruita da parte dello stesso materiale) riempiti da tuffisite, il più grande dei quali è di circa 40 m di diametro. I diatremi imposti in Calcare Massiccio (Lias Inferiore – Giurassico Inferiore). L’affioramento principale dove è stato anche realizzato un percorso didattico all’aperto è localizzato sul fondo di un piccolo ruscello.  Il riempimento dei diatremi è una breccia caotica, o tuffisite, costituita da blocchi carbonatitici e lapilli concentrici sempre carbonatitici, con pochi frammenti di calcare, posizionati in una matrice più fine degli stessi tipi di roccia. La breccia è simile in appa

renza alle breccie più grossolane di San Venanzo ma manca la melilite.

A Nord-Est dei diatremi di Polino sono presenti depositi di piroclastiti fonolitici con leucite che si estendono per circa 1 km2.

La fonte di queste rocce piroclastiche non è stata identificata, ma i frammenti della fonolite sono stati riconosciuti nelle rocce di Polino. La datazione con metodo 39Ar-40Ar sul sanidino delle Fonoliti  ha dato un’età di circa 400 ka mentre la phlogopite nella carbonatite ha dato 246 +/- 14 ka.

Elenco dei Minerali presenti

Analcime, ‘Apatite’, Calcite, Diopside, ‘Fayalite-Forsterite Series’, Forsterite, Hydroxylapatite, Leucite, Magnetite, Titaniferous Magnetite, Monticellite, ‘Olivine’, Perovskite, Phlogopite, Sanidine, Schorlomite, Spinel, Titanite

Aptici

Gli aptici sono fossili di forma triangolare interpretati come parti di ammoniti. Inizialmente ritenuti opercoli, oggi alcuni studiosi li considerano elementi mascellari inferiori. Tuttavia secono le più moderne interpretazioni le due teorie non si escludono a vicenda. Questi infatti potrebbero aver avuto una doppia funzione.

Aptico Monte Subasio

Come gli attuali nautili, molte ammoniti erano probabilmente in grado di ritirare completamente il proprio corpo all’interno della camera di abitazione della conchiglia; perciò potrebbero aver sviluppato strutture opercolari con le quali potevano chiudere l’apertura. Le forme più comuni sono costituite da due placche simmetriche, definiti aptici(aptychii). Sono stati rinvenuti anche opercoli singoli (non in coppia), che vengono definiti anaptici (anaptychus).

Nei casi in cui gli aptici o gli anaptici sono stati rinvenuti in associazione con la conchiglia di origine, sono localizzati entro la camera di abitazione, subito dietro la probabile posizione dell’imbuto (iponomo).

Fig.  Posizione e Foto di Aptici. Fonte WIKIfree

 

 

Rettile Corazzato del Triassico scoperto in Svizzera

L’eusaurosfargide (Eusaurosphargis dalsassoi) è un rettile estinto di incerta classificazione. Visse nel Triassico medio (Anisico/Ladinico, circa 243-240 milioni di anni fa) e i suoi resti sono stati ritrovati in Italia e in Svizzera.

Eusaurosphargis dalsassoi venne descritto per la prima volta nel 2003, sulla base di un esemplare fossile incompleto e disarticolato ritrovato nel famoso giacimento di Besano (Anisico/Ladinico, 243-242 milioni di anni fa), nei pressi di Varese (Italia). Il nome Eusaurosphargis deriva da quello di Saurosphargis, un misterioso rettile estinto i cui resti fossili ritrovati in Polonia nella prima metà del secolo scorso furono poi distrutti durante la seconda guerra mondiale; l’epiteto specifico, dalsassoi, è in onore di Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, che per primo intuì l’importanza del reperto. Le presunte somiglianze tra i due esemplari non possono comunque essere definite con certezza. Secondo lo studio del 2003, il più stretto parente di Eusaurosphargis era forse l’altrettanto enigmatico Helveticosaurus, rinvenuto nel versante svizzero dello stesso giacimento.

Recentemente è stato rinvenuto un nuovo reperto associato a resti di pesci e rettili marini nei depositi calcarei della Formazione Prosanto, nelle vicinanze di Ducanfurgga, databili a circa 241 milioni di anni e situati ad un’altitudine di 2740 metri, a sud di Davos, nel Cantone dei Grigioni.

Il team di ricercatori anglo-svizzero, guidato da Torsten Scheyer, paleontologo dell’Università di Zurigo, e da James Neenan, paleobiologo del Museo di Storia naturale dell’Università di Oxford, presume che l’animale sia stato spazzato via da un’isola del bacino marino situato, all’epoca, sulla zona del ritrovamento e che, dopo la morte, sia stato inglobato nei sedimenti marini fini e stratificati del fondale.

La nuova scoperta è molto ben conservata e consente per la prima volta la ricostruzione dello scheletro e dell’aspetto esteriore dell’animale. Si è così scoperto qualcosa di sorprendente.

Esternamente, Eusaurosphargis dalsassoisomiglia molto alla famiglia di lucertole Cordylidae, un gruppo di piccoli  rettili muniti di squame dell’Ordine dei Lepidosauri, che attualmente abitano le regioni asciutte dell’Africa meridionale.

Alcune specie di queste lucertole più palesemente corazzate, a causa del loro aspetto, potrebbero aver fornito la base per le leggende sull’esistenza di mitici dragoni.

“In realtà, si tratta di un caso di sviluppo convergente, perché la specie estinta non è strettamente correlata alle lucertole africane”, spiega Scheyer.

In altre parole, lo studioso afferma che animali viventi in condizioni ambientali simili, ma senza parentela evolutiva, svilupperebbero, dal punto di vista funzionale, strutture simili.

Finora, il rettile era considerato di incerta classificazione.

Ora, un esame attento delle relazioni filogenetiche confermerebbe che i suoi parenti più prossimi potrebbero essere stati dei rettili marini quali i Sauropterigi, un grande gruppo di rettili acquatici che comprende Placodonti, Plesiosauri e Notosauri.

Tuttavia, lo scheletro di Eusaurosphargis non mostra una struttura corporea armonica, né arti che avrebbero potuto poi trasformarsi in pinne, nè alcuna pinna che possa indicare una vita marina.

Scoperto il più antico Notosuco mai conosciuto. Giurassico medio (Bathoniano) del Madagascar

Razanandrongobe sakalavae Maganuco, Dal Sasso & Pasini, 2006 è un grande arcosauro predatore del Giurassico medio (Bathoniano – 167 -164 milioni di anni fa) del bacino di Mahajanga, NW Madagascar. È stato riconosciuto grazie ai denti ed alcuni frammenti di mascella, ma le sue affinità erano incerte. Nel lavoro sono descritti i nuovi resti craniali (soprattutto un quasi perfetto premascellare destro e una dentatura sinistra incompleta) che notevolmente migliorano la nostra conoscenza su questa specie enigmatica e rivelano la sua anatomia come crocodillomorfo.

    

Sulla base di nuovi dati descritti nel lavoro, sono già evidenti alcune caratteristiche precedentemente incerte. La sperimentazione della posizione filogenetica della specie all’interno di Crocodylomorpha indica che R. sakalavae è un Mesosuco. Rappresenta anche uno dei primi eventi di aumento della dimensione corporea lungo la storia evoluzionistica del gruppo. Inoltre, è di gran lunga il notosuco più antico. Anche qui è stata tentata una ricostruzione cranica di questo predatore gigantesco. Le robuste ossa delle mascelle di R. sakalavae, unitamente alla sua dentizione peculiare, suggeriscono fortemente una dieta che includeva tessuti duri come osso e tendine.

Ulteriori infomazioni si trovano leggendo il lavoro di  Cristiano Dal Sasso,  Giovanni PasiniGuillaume Fleury & Simone Maganuco

Referenza Bibliografica

Dal Sasso C, Pasini G, Fleury G, Maganuco S. (2017Razanandrongobe sakalavae,a gigantic mesoeucrocodylian from the Middle Jurassic of Madagascar, is the oldest known notosuchianPeerJ 5:e3481 https://doi.org/10.7717/peerj.3481