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Aperture Natalizie Mostra Permanente

Informiamo che la Mostra Permanente sarà aperta in occasione delle festività natalizie. Martedì 26 Dicembre – Lunedì 1 Gennaio – Domenica 7 Gennaio dalle ore 15:00 alle 18:00 in occasione del Presepe vivente di Armenzano. Si invita  a visitare la rappresentazione di Armenzano e di diffondere fra amici le aperture della Mostra in tali occasioni. Per ulteriori informazioni contattare il 3397743826 (Federico) o il 3385664463 (Claudio).

Numero 3 Fossils & Minerals Review

Lapides et Index                                                                                                    Romano Guerra & Carlo Sarti

Ammoniti del genere Catriceras, temi attuali e prospettive   Venturi Federico

Gli Orsi Fossili della Caverna di Monte Cucco (Costacciaro – Perugia)
Romano Guerra

I Minerali di San Venanzo (Tr)
Fringuelli Lucio, Famiani Federico, Bortolozzi Giorgio

Novità dal Carbonifero delle Ardenne
Didier Lelubre

FM3WEBITA

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Polino e la Kamafugite

La Regione Umbria è caratterizzata dalla presenza di piccoli centri magmatici di modeste dimensioni fra i quali il più grande è il complesso di San Venanzo (Tr). Anche se gli altri sono di più piccole dimensioni sono molto interessanti dal punto di vista composizionale e per la loro particolare origine e rarità. Molto interessante è l’affioramento di Kamafugite di Polino.

In prossimità di Località Cava dell’oro, circa 1 km a NNE di Polino, si trova questa rara roccia, dove addirittura durante il papato di Clemente XIII (1758-1769) è stata interessata anche da attività estrattiva. Testimonianze di questa attività sono alcune medaglie e monete foggiate dallo stato pontificio con i minerali estratti dalla “Cava dell’oro”come la medaglia commemorativa di Papa Clemente XIII coniata nel 1762.

La Kamafugite di Polino è costituita da d ue piccoli diatremi (Condotto vulcanico prodotto da una violenta esplosione freatica a; il materiale frammentato e polverizzato scagliato dall’esplosione ricadendo forma un bastione di brecce e di depositi tufacei

tutt’attorno alla cavità che spesso viene ostruita da parte dello stesso materiale) riempiti da tuffisite, il più grande dei quali è di circa 40 m di diametro. I diatremi imposti in Calcare Massiccio (Lias Inferiore – Giurassico Inferiore). L’affioramento principale dove è stato anche realizzato un percorso didattico all’aperto è localizzato sul fondo di un piccolo ruscello.  Il riempimento dei diatremi è una breccia caotica, o tuffisite, costituita da blocchi carbonatitici e lapilli concentrici sempre carbonatitici, con pochi frammenti di calcare, posizionati in una matrice più fine degli stessi tipi di roccia. La breccia è simile in appa

renza alle breccie più grossolane di San Venanzo ma manca la melilite.

A Nord-Est dei diatremi di Polino sono presenti depositi di piroclastiti fonolitici con leucite che si estendono per circa 1 km2.

La fonte di queste rocce piroclastiche non è stata identificata, ma i frammenti della fonolite sono stati riconosciuti nelle rocce di Polino. La datazione con metodo 39Ar-40Ar sul sanidino delle Fonoliti  ha dato un’età di circa 400 ka mentre la phlogopite nella carbonatite ha dato 246 +/- 14 ka.

Elenco dei Minerali presenti

Analcime, ‘Apatite’, Calcite, Diopside, ‘Fayalite-Forsterite Series’, Forsterite, Hydroxylapatite, Leucite, Magnetite, Titaniferous Magnetite, Monticellite, ‘Olivine’, Perovskite, Phlogopite, Sanidine, Schorlomite, Spinel, Titanite

Tracce di vita di quattro miliardi di anni fa

In Labrador, all’interno di una delle più antiche formazioni rocciose, sono stati ritrovati dei microgranuli di grafite che hanno origine organica. La scoperta conferma che le primissime forme di vita sul pianeta risalgono a circa quattro miliardi di anni fa e potrebbe anche gettare luce su alcune loro caratteristiche.
Una conferma che le prime forme di vita sulla Terra risalgono a circa 4 miliardi di anni fa è venuta dall’analisi isotopica di alcuni microgranuli di grafite presenti in una delle più antiche formazioni rocciose del pianeta, la formazione di Saglek Block, nel Labrador settentrionale, in Canada. La scoperta, fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Tokyo, è descritta su “Nature”.

Le prove della più antica presenza della vita nella storia della Terra sono poche a causa della scarsità delle di rocce risalenti alla cosiddetta era eoarcheana, fra circa 3,6 e 4 miliardi di anni fa, e che spesso non sono neanche ben conservate.

A causa della tettonica a placche, quasi tutte le rocce che formavano la prima crosta terrestre sono infatti andate incontro a subduzione, per essere parzialmente o totalmente rifuse nel mantello, con la conseguente perdita delle eventuali tracce di vita. Alcune di queste tracce sono state però ritrovate nella formazione di Isua, nella Groenlandia sud-occidentale, e risalgono a 3,7 a 3,8 miliardi di anni fa, in quelle di Akilia, sempre in Groenlandia, (3,83 miliardi di anni fa), e di Nuvvuagittuq, in Quebec, (almeno 3,77 miliardi di anni fa).

Ora Tsuyoshi Komiya e colleghi, studiando le più antiche rocce della formazione di Saglek Block, risalenti ad almeno 3,95 miliardi di anni fa, si sono imbattuti in microgranuli di grafite, un materiale di possibile origine biologica che finora non era mai stato rilevato nelle altre formazioni coeve.

L’analisi della composizione isotopica dei microgranuli e della loro concentrazione ha indicato che hanno effettivamente un’origine biogenica, e le successive analisi delle rocce in cui erano contenuti e di quelle circostanti hanno confermato che non sono il prodotto di contaminazioni
successive.

Gli autori suggeriscono che la scoperta di questa grafite di provenienza organica potrebbe consentire lo studio geochimico degli organismi che l’hanno prodotta e quindi di risalire ad alcune caratteristiche delle primissime forme di vita sulla Terra.

La Tafonomia

Il professor Paolo Monaco, recentemente autore del libro “la geologia spiegata ad una classe sgangherata” edito da AracneEditore con grand epassione continua la sua opera di divugazione geologica ai non addetti ai lavori.

Bellissimo testo per spiegare il concetto di Tafonomia che alla maggior parte dei paleontofili non è noto.

Testo di Paolo Monaco del 19/09/2017

GEO+ il collezionista d’ossa. Non mi riferisco al tenebroso libro da cui hanno tratto un appassionante film spy-horror, ma ad un collezionista-scienziato di paleontologia, la Scienza, come voi tutti sapete, che si occupa di studiare i resti fossili; la Paleontologia e’ una Scienza antichissima, nata praticamente con l’origine dell’uomo. Perche’ ne parlo? Perche’ oggi sono insieme a Sixto, un grande paleontologo-tafonomo spagnolo di Madrid, amico mio da oltre vent’anni, che studia un settore specifico della Paleontologia, la Tafonomia: Sixto e’ un grande tafonomo. Della tafonomia vi ho gia’ parlato: nel libro appena pubblicato la spiego agli studenti della classe sgangherata…ma loro sono con il cervello altrove… La Tafonomia si occupa di ricostruire tutto quello che accade ad un resto “solido”, animale ma anche umano e vegetale, dal momento della sua morte naturale, al momento del seppellimento finale.

Deriva dalla Paleontologia, Scienza antica e nata nel XVII e nel XVIII secolo come risultato delle intuizioni di Niccolò Stenone sulla natura dei fossili e sulla stratigrafia nonché dagli studi di anatomia comparata condotti da George Cuvier; in seguito la Tafonomia si e’ cominciata a delineare appena ci si chiese come si originavano le variazioni composizionali dei fossili. Sixto ha insegnato per molti anni a Madrid; e’ un uomo grande e grosso con barba, ma gentile e sempre disponibile. Ci siamo incontrati e scritti ai vari convegni internazionali, mi ha dato tantissime sue pubblicazioni, che conservo gelosamente. Sixto e’ un “filosofo della Tafonomia”, nel senso che discute e ha fatto dei libri, sul senso ampio ed universale di questa disciplina, che e’ figlia diretta della Paleontologia, ma, come e’ avvenuto per l’Ichnologia (studio delle tracce fossili), si e’ staccata dalla Paleontologia come Scienza a se’ stante ed e’ rifiorita e se n’e’ andata per la sua strada con ottimi risultati. Ogni anno viene tenuto un convegno internazionale su tutti gli aspetti della tafonomia, inclusa quella medica e archeologica. La scienza e la natura si possono quindi affrontare da ogni aspetto. Basta avere passione e sentimento. Sixto e’ uno di questi: una persona con passione e sentimento. Mi ha insegnato molto e devo a lui tanti miei lavori e miei discepoli che lavorano in tutto il mondo (tranne che in Italia….ovviamente..). Lui ha iniziato dallo studio di ammoniti (cefalopodi), e poi e’ passato ai cicli tafonomici ed infine alla filosofia tafonomica. Credo che abbia centinaia di pubblicazioni ed e’ considerato il piu’ grande tafonomo di Spagna (mi perdonino gli altri amici spagnoli…).

Facciamo un esempio: prendiamo un bivalve. Ha una coppia di valve unite in vita; appena muore le due valve trattenute da un muscolo dedicato, si staccano, distruggendosi quest’ultimo per la decomposizione dei tessuti. Le due valve staccate possono giacere vicino una all’altra. Questo in tafonomia e’ segno di disarticolazione semplice. Se le due valve giacciono a molta distanza, sono indizio che qualcosa le ha separate, tipo una corrente, una tempesta. Allora si parla di traslazione biostratinomica (la biostratinomia e’ il primo stadio della Tafonomia: poi viene la fossil-diagenesis, vedi schemi sotto). Se le valve sono anche fratturate o bioperforate, allora si parla di altri due caratteri tafonomici, il fracturing e il boring. Insomma andando avanti cosi’ si possono individuare decine di caratteri tafonomici. Essi si immettono in sequenza e le sequenze verticali ci dicono come quegli strati di roccia, varianti nel tempo e contenenti i vari “gusci tafonomizzati”, si sovrapponevano e con quali caratteri. Se per esempio abbiamo una sequenza sommatoria o positiva di caratteri verso l’alto, allora aumentera’ il “registro tafonomico”, se invece diminuira’ verso l’alto anche il “registro tafonomico” diminuira’ in proporzione. In sostanza i caratteri sono un “termometro” per registrare la “febbre deposizionale”, sono un segnale utilissimo al geologo ruspante (di cui vi parlavo ieri..). Sapete che basta una lente e martello per sapere a primo acchito queste informazioni. Non occorrono macchine sofisticate (a questo primo stadio..), non occorrono strumenti particolari. In laboratorio si faranno altre analisi di dettaglio. Ecco che la Tafonomia e’ uno strumento assai utile al geologo per capire, per farsi un’idea per “diagnosticare” un fenomeno. “Hola Sixto que tal” (come va?)… bene Paolo ora stiamo andando ancora avanti con il mio gruppo di ricerca e stiamo lavorando sull’interconnesione di piu’ fenomeni a diversa scala temporale… sara’ un elemento nuovo, di grande utilita’..” Ottimo Sixto e io tengo sempre i tuoi lavori nel cassetto e li consulto con grande interesse. Ci facemmo, proprio utilizzandoli, una bella tesi di dottorato.. ti ricordi? “Certamente, nel 2004, fu un bel lavoro..”. Oggi grazie a Sixto vi ho aperto un piccolo scrigno della Natura, che continueremo ad esplorare… se avrete la voglia di leggere qualcosa… invece di guardare solo gatti, selfie, cani per 1 secondo…ahhh ride Sixto.. “vero, su Facebook e’ molto difficile, ecco perche’ facciamo i Simposi internazionali tra gli specialisti.. solo li’ la gente e’ molto attenta e apporta il suo contributo.. su Facebook cosa ti puoi aspettare? ” Ahhh.. ma io Sixto ci provo ad aumentare un poco il livello culturale di questo stanco e demotivato Paese… buongiorno.

Rivista Fossils & Minerals

Salve lettori appassionati e

simpatizzanti della nostra associazione.

Vi informiamo che l’uscita del numero 3 versione italiana sarà l’11 novembre 2017. Intanto gustatevi la lettura dei primi due numeri e perché no, anche del Numero 0.

 

 NUMERO 2 ITALIANO                                                  NUMERO 2 ENGLISH

NUMERO  1 ITALIANO

NUMERO 0 

Un saluto a tutti voi dal comitato di Redazione della Rivista Fossils & Minerals. Seguiteci anche su Facebook

Aptici

Gli aptici sono fossili di forma triangolare interpretati come parti di ammoniti. Inizialmente ritenuti opercoli, oggi alcuni studiosi li considerano elementi mascellari inferiori. Tuttavia secono le più moderne interpretazioni le due teorie non si escludono a vicenda. Questi infatti potrebbero aver avuto una doppia funzione.

Aptico Monte Subasio

Come gli attuali nautili, molte ammoniti erano probabilmente in grado di ritirare completamente il proprio corpo all’interno della camera di abitazione della conchiglia; perciò potrebbero aver sviluppato strutture opercolari con le quali potevano chiudere l’apertura. Le forme più comuni sono costituite da due placche simmetriche, definiti aptici(aptychii). Sono stati rinvenuti anche opercoli singoli (non in coppia), che vengono definiti anaptici (anaptychus).

Nei casi in cui gli aptici o gli anaptici sono stati rinvenuti in associazione con la conchiglia di origine, sono localizzati entro la camera di abitazione, subito dietro la probabile posizione dell’imbuto (iponomo).

Fig.  Posizione e Foto di Aptici. Fonte WIKIfree

 

 

Rettile Corazzato del Triassico scoperto in Svizzera

L’eusaurosfargide (Eusaurosphargis dalsassoi) è un rettile estinto di incerta classificazione. Visse nel Triassico medio (Anisico/Ladinico, circa 243-240 milioni di anni fa) e i suoi resti sono stati ritrovati in Italia e in Svizzera.

Eusaurosphargis dalsassoi venne descritto per la prima volta nel 2003, sulla base di un esemplare fossile incompleto e disarticolato ritrovato nel famoso giacimento di Besano (Anisico/Ladinico, 243-242 milioni di anni fa), nei pressi di Varese (Italia). Il nome Eusaurosphargis deriva da quello di Saurosphargis, un misterioso rettile estinto i cui resti fossili ritrovati in Polonia nella prima metà del secolo scorso furono poi distrutti durante la seconda guerra mondiale; l’epiteto specifico, dalsassoi, è in onore di Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, che per primo intuì l’importanza del reperto. Le presunte somiglianze tra i due esemplari non possono comunque essere definite con certezza. Secondo lo studio del 2003, il più stretto parente di Eusaurosphargis era forse l’altrettanto enigmatico Helveticosaurus, rinvenuto nel versante svizzero dello stesso giacimento.

Recentemente è stato rinvenuto un nuovo reperto associato a resti di pesci e rettili marini nei depositi calcarei della Formazione Prosanto, nelle vicinanze di Ducanfurgga, databili a circa 241 milioni di anni e situati ad un’altitudine di 2740 metri, a sud di Davos, nel Cantone dei Grigioni.

Il team di ricercatori anglo-svizzero, guidato da Torsten Scheyer, paleontologo dell’Università di Zurigo, e da James Neenan, paleobiologo del Museo di Storia naturale dell’Università di Oxford, presume che l’animale sia stato spazzato via da un’isola del bacino marino situato, all’epoca, sulla zona del ritrovamento e che, dopo la morte, sia stato inglobato nei sedimenti marini fini e stratificati del fondale.

La nuova scoperta è molto ben conservata e consente per la prima volta la ricostruzione dello scheletro e dell’aspetto esteriore dell’animale. Si è così scoperto qualcosa di sorprendente.

Esternamente, Eusaurosphargis dalsassoisomiglia molto alla famiglia di lucertole Cordylidae, un gruppo di piccoli  rettili muniti di squame dell’Ordine dei Lepidosauri, che attualmente abitano le regioni asciutte dell’Africa meridionale.

Alcune specie di queste lucertole più palesemente corazzate, a causa del loro aspetto, potrebbero aver fornito la base per le leggende sull’esistenza di mitici dragoni.

“In realtà, si tratta di un caso di sviluppo convergente, perché la specie estinta non è strettamente correlata alle lucertole africane”, spiega Scheyer.

In altre parole, lo studioso afferma che animali viventi in condizioni ambientali simili, ma senza parentela evolutiva, svilupperebbero, dal punto di vista funzionale, strutture simili.

Finora, il rettile era considerato di incerta classificazione.

Ora, un esame attento delle relazioni filogenetiche confermerebbe che i suoi parenti più prossimi potrebbero essere stati dei rettili marini quali i Sauropterigi, un grande gruppo di rettili acquatici che comprende Placodonti, Plesiosauri e Notosauri.

Tuttavia, lo scheletro di Eusaurosphargis non mostra una struttura corporea armonica, né arti che avrebbero potuto poi trasformarsi in pinne, nè alcuna pinna che possa indicare una vita marina.