Tutti gli articoli di Redazione

Numero 10 Fossils & Minerals

Dante Alighieri e la Geologia
di Romano Guerra

Le Pegmatiti dell’Alto Lario
(Prov. Di Como, Lecco e Sondrio), parte prima.

di Stefano Mercadante

“Siamo tutti nella stessa grotta…”
Speleoarcheologia, quando esplorazione
e ricerca si incontrano

di Angelica Ferracci, Mario Federico Rolfo, Giuseppe Bosso,
Gabriele Catoni Elia Mariano, Angelo Procaccianti

Segnalazione di Lytoceras (Trachylytoceras) evolutum
RULLEAU 1998 nel Toarciano umbro-marchigiano
(Appennino centrale).

di Fabrizio Melucci

Numero 8

Finalmente è uscito il Numero 8 di Fossil&Minerals Review. In questo numero andremo indietro nel tempo fino al Carnico per un viaggio sulle barriere coralline di 230 milioni di anni fa per poi spostarci in un paradiso per i micromont, ovvero le cave di Cuasso al Monte in provincia di Varese.

In questi mesi due pilastri della paleontologia del Centro Italia ci hanno lasciato. Un breve ricordo per entrambi da parte della redazione della rivista.

Buona Lettura!

Indice

Ricerche Mineralogiche a Cuasso al Monte, Varese
di Stefano Mercadante pag.1

Ricordo del Prof. Federico Venturi
di Federico Famiani pag. 27

Serafino Calindri e i fossili del bolognese
di Romano Guerra pag.28

Il Livello Faraoni
di Paolo Faraoni pag. 39

Bigiaretti, Addio!
di Romano Guerra pag. 49

Formazione di San Cassiano:
barriere coralline del Carnico a 2000 metri
di Claudio Zuccaro Pag.50

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Appenninica 2019

APPENNINICA 2019
CONVEGNO DI GEO-PALEONTOLOGIA DELL’ITALIA CENTRALE
COSTACCIARO (PG)
SALA – SAN MARCO
SABATO, 27 APRILE 2018
Convegno per trattare di Geologia, Paleontologia, Mineralogia, Speleologia e argomenti attinenti dell’Appennino umbro-marchigiano in questo comune dalle notevoli attitudini geologiche e naturalistiche

PROGRAMMA
ORE 10.00 Enrico Tavarnelli – Università di Siena – “Il ruolo della tettonica nell’evoluzione dell’Appennino”
ORE 10.30 Paolo Monaco – Università degli studi di Perugia – “Icnologia dell’Appennino Umbro Marchigiano”
ORE 11,15 Edoardo Martinetto – Università di Torino – “I fossili di Dunarobba e la flora
scomparsa dell’Italia Centrale”
ORE 11.45 Angela Baldanza – Università degli studi di Perugia- “Eccellenze geo- paleontologiche del Quaternario in Umbria: Il caso dell’Ambra Grigia Fossile – Storie di mare e non solo”
ORE 12.15 Romano Guerra “Giambattista Passeri e i fossili nell’Appennino umbro- marchigiano”
ORE 14,30 Rodolfo Coccioni e Andrea Mazzoli – Università di Urbino – L’aspirante Geoparco UNESCO “Appennino nord-marchigiano”
ORE 15:00 Federico Famiani – “Valorizzazione e Promozione della Geologia e Paleontologia nel Parco Regionale del Monte Subasio”
ORE 16.00 Adria Faraone – “Pietrafitta (PG): solo un barrito di elefanti?”
ORE 16.30 Romano Guerra presentazione di “La Grotta di Monte Cucco antologia”
A seguire Paolo Faraoni e Regis Macieri – “Guida ai Fossili della valle de Fiume Bosso, del Monte Nerone e Catria”
Ore 17:30 Marco Bani – “Monte Nerone: regno di grotte e orsi”

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Numero 5

Carissimi lettori

Il comitato di Redazione della Rivista Fossils & Minerals vi augura Buone Feste e con l’occasione pubblica il Numero 5 ONLINE.

Il numero è stato distribuito da Novembre in formato cartaceo e ne sono rimaste pochissime copie! Vi auguriamo Buona Lettura!!!!

Arrivederci nel 2019 con il Numero 6 ricchissimo di sorprese

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Cupaelite

Forse non tutti sanno che anche nella conca reatina è presente un affioramento di rocce vulcaniche. Ci troviamo nei pressi di Cupaello (RI) dove il prof. Stoppa, ordinario dell’ateneo di Chieti, ha studiato e descritto una roccia vulcanica nota anche con il nome di Cupaelite.

ll centro vulcanico di Cupaello consiste di una singola colata lavica lunga 750 m ricoperta da materiale piroclastico costituito da cenere saldata, lapilli e materiale scoriaceo (Stoppa e Cundari 1995). L’attività vulcanica, in base alle datazioni 40Ar/39Ar effettuata su meliliti e kalsiliti risale a  circa 639.000 anni.

La provincia intra appenninica comprende un numero di piccoli centri ultrapotassici monogenici diffusi nella zona interna della catena appenninica.

I due centri principali, sui quali si sono concentrati gli studi più importanti del prof. Stoppa, sono San Venanzo e Cupaello. Nonostante le piccole dimensioni e la loro scarsa abbondanza, a questa provincia sono stati attribuiti numerosi nomi: ULUD (Ultra Alkaline Umbriam District), IUP (Intramontane Ultra Alkaline Province), UUP (Ultra alkaline Umbrian Province).

Sulla base della classificazione di Foley et al. (1987), le rocce dei centri vulcanici di San Venanzo e Cupaello appartengono alle kamafuguti.

Le kamafugiti, sono rocce fortemente sottosature in silice, variano tra foiditi, olivin-meliliti e meliliti.

A differenza delle altre rocce sottosature in silice, nelle kamafugiti, kasilite e melilite dominano sulla leucite (Serri et al., 1993, Conticelli et al., 2004). Rispetto alle altre rocce ultrapotassiche italiane, le kamafugiti umbre hanno il contenuto in CaO (14.68 – 15.21 wt.%) più alto, insieme con un basso contenuto in Al2O3 (7.92-12.28 wt.%), queste caratteristiche sono necessarie per stabilizzare la melilite (Conticelli & Peccerillo, 1992).

Queste rocce sono state classificate come melilititi a kalsilite e pirosseno, ma il termine “cupaelite” è generalmente accettato come nome per queste particolari rocce. 

Bibliografia.

Le informazioni contenute in questa pagina sono tratte da: – F. Stoppa, A. Cundari “A new Italian carbonatite occurrence at Cupaello (Rieti)and its genetic significance”. Contrib Mineral Petrol (1995) 122: 275–288

A. T. Isakova, L. I. Panina and F. Stoppa, (2017) Genesis of Kalsilite Melilitite at Cupaello, Central Italy: Evidence from Melt Inclusions  Petrology, 2017, Vol. 25, No. 4, pp. 433–447

Evoluzione dei Suini

Evoluzione dei Suini: Il Ritrovamento di Pantalla (Todi – Pg) aggiunge nuovi interessanti dati all’evoluzione di questo gruppo di mammiferi.

 

Il cinghiale (Sus scrofa) – oggi spesso agli onori della cronaca per  i numerosi incontri anche in ambienti fortemente antropizzati o addirittura  ambienti suburbani .

Ricostruzione del possibile aspetto esterno di Sus strozzii (a sinistra) e della specie arcaica Sus arvernensis (a destra), nella quale sono state enfatizzate le ipotetiche somiglianze morfologiche con gli attuali “suini verrucosi” del Sud-Est Asiatico. Disegno di Leonardo Sorbelli. Fonte: Quaternary Science Reviews.

 

Il Cinghiale è un ungulato di enorme successo dal punto di vista evolutivo, grazie alla sua grande adattabilità ecologica, ma soprattutto grazie all’intervento dell’uomo. Infatti il cinghiale è una specie tipica della fauna europea e italiana, originariamente diffusa in gran parte della penisola. A partire dalla fine del 1500 la persecuzione diretta operata dall’uomo, accentuata dalle trasformazioni ambientali e dalla diffusione delle armi da fuoco, ha provocato una progressiva diminuzione del cinghiale che, all’inizio del XX secolo, sopravviveva con nuclei isolati solo nelle regioni tirreniche del centro e del sud Italia, nel Gargano e in Sardegna. La specie è ricomparsa sull’arco alpino nel 1919, quando alcuni animali provenienti dalla Francia colonizzarono Liguria e Piemonte; agli Anni ’50 risalgono invece gli ingressi di cinghiali in Friuli, provenienti dalla Slovenia. Dal secondo dopoguerra l’espansione della specie è stata fortemente favorita dall’intervento dell’uomo, attraverso le numerose immissioni a scopo venatorio, e oggi il cinghiale risulta distribuito senza soluzione di continuità nelle isole e dalla Calabria sino all’arco alpino occidentale, mentre nelle Alpi centro-orientali la sua presenza è ancora discontinua. Esso è un “ospite fisso” delle faune a mammiferi europee da almeno 700 mila anni. Tuttavia, prima di allora, nel periodo compreso tra 2 e 1 milione di anni fa circa, l’unico suide presente in Europa è stato Sus strozzii, una specie di taglia maggiore rispetto al cinghiale, ma probabilmente con simili adattamenti ecologici.

In un nuovo articolo pubblicato su Quaternary Science Reviews, è stata analizzata una nuova mandibola di Sus strozzii da Pantalla (Comune di Todi – Provincia di Perugia -Umbria), sito datato a circa 2 milioni di anni fa ben noto ai paleontologi grazie all’eccezionale stato di conservazione dei fossili. Lo studio, condotto dal Dr. Marco Cherin dell’Università di Perugia e da ricercatori delle Università di Torino, Sapienza di Roma, Glasgow e Bordeaux, ha portato alla descrizione dettagliata della mandibola, anche grazie all’uso di indagini tomografiche e ricostruzioni virtuali tridimensionali. La mandibola, lunga circa 35 cm, è appartenuta a un grosso maschio, tra i più grandi mai segnalati in Eurasia non solo per Sus strozzii, ma per tutte le altre specie del genere Sus.


Immagini risultati dall’analisi delle TAC della mandibola di Sus strozzii da Pantalla. (A) modello 3D del reperto; (B) modello 3D con applicazione di un filtro di densità; (C) immagini tomografiche che mostrano le radici dei denti incisivi, non conservati esternamente; (D) modello 3D con mandibola in semitrasparenza; (E) ricostruzione virtuale dell’intera mandibola, ottenuta clonando la parte conservata sul lato opposto. Scala metrica: 5 cm. Fonte: Quaternary Science Reviews.

A partire dallo studio della nuova mandibola, i ricercatori hanno puntato a obiettivi ben più ambiziosi: chiarire le relazioni filogenetiche tra Sus strozzii e il suo presunto antenato pliocenico, Sus arvernensis, e quelle tra queste forme arcaiche e alcune altre specie attuali e fossili di suidi europei, asiatici e africani. Mediante l’analisi di 52 caratteri morfologici del cranio e della dentatura, è stato così costruito il più completo albero filogenetico ad oggi disponibile per i Suinae (la sottofamiglia di cui fanno parte i suidi attuali). Lo studio ha confermato che la separazione tra le forme africane (che oggi comprendono ilochero, facocero e potamocero) e quelle eurasiatiche (il genere Sus) è avvenuta precocemente nel corso della storia evolutiva dei Suinae, forse più di 10 milioni di anni fa. Nell’ambito del gruppo eurasiatico, la specie più primitiva è risultata essere proprio il cinghiale, che si è presumibilmente originata in Asia e si è diffusa verso l’Europa solo in tempi relativamente recenti. Sia Sus arvernensis che Sus strozzii fanno invece parte di un gruppo più derivato di suini, caratterizzati da una particolare morfologia dei canini inferiori, oggi rappresentati dalle molteplici specie di “suini verrucosi” che oggi vivono nelle aree insulari e peninsulari del Sud-Est Asiatico. Radici asiatiche, dunque, per una specie, Sus strozzii, che ha occupato con successo gli ecosistemi europei per più di un milione di anni, lasciando abbondanti testimonianze fossili anche nel nostro paese.

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Carissimi Soci, Amici e Simpatizzanti,

per continuare la nostra bellissima avventura, iniziata nel 1978, e per migliorare le nostre strutture della Mostra Permanente, la

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Come ogni anno Vi invitiamo a contribuire alle attivita’ della nostra Associazione, devolvendo il 5 per mille delle vostre imposte al Gruppo Umbro Mineralogico Paleontologico.

Codice Fiscale del Gruppo Umbro Mineralogico Paleontologico

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